FORUGH FARROKHZAD -UNA, NESSUNA, CENTOMILA
Non ridurre le mie labbra al silenzio
Che una storia mai raccontata nel mio cuore serbo.
Libera le mie caviglie dalle gravose catene
Che il loro peso sul mio cuore preme.
O uomo, egoista creatura, vieni,
Vieni, apri la porta della gabbia.
Se in prigione a vita mi terrai
La grazia di questo unico anelito di libertà non mi negare.
Io sono quell’uccello che, da tempo immane,
Ha in animo di spiccare il volo.
Lamento si è fatto il mio canto nell’affannato petto,
In rimpianti il mio tempo è trascorso.
Non ridurre le mie labbra al silenzio
Che devo sgravarmi di un segreto,
Far giungere al mondo intero
L’eco infuocata della mia voce.
Vieni, apri la porta che io spieghi le ali
Verso il luminoso cielo della poesia.
Se mi concederai di volare
Una rosa diverrò nel giardino della poesia.
Solo per te le mie labbra e i loro dolci baci,
Solo per te il mio corpo e la fragranza del suo profumo,
Solo per te il mio sguardo e le sue imprigionate scintille,
Solo per te il mio cuore e i suoi strazianti lamenti.
O uomo, egoista creatura,
Non dire: La tua poesia è un’infamia.
Tu non immagini neppure quanto angusto sia
Lo spazio di questa gabbia per uno spirito ribelle.
Non dire che da ogni verso stilla peccato,
Di questa infamia e di questo peccato mesci per me una coppa.
Per te il paradiso, le urì e l’acqua di Kawthar,
Per me degli abissi dell’inferno fai dimora.
I libri, la solitudine, la poesia, il silenzio
Sono per me l’ebbrezza e l’ubriacatura della vita.
Alcun rimpianto se in paradiso non andrò,
Un paradiso eterno nel mio cuore arde.
Di notte, quando, al centro del cielo fatato e silente,
La luna fluttua dolcemente
E tu dormi, io, ebbra di passione,
Tutto il chiaro di luna abbraccio.
La brezza mi rubò migliaia di baci.
Migliaia di baci concessi al sole.
In quella prigione dove il carceriere eri tu,
Una notte, tutto il mio essere vacillò per un bacio.
O uomo, spezza la tradizione del tuo nome
Che la mia infamia dà un piacere inebriante.
Mi perdonerà quel Dio sostentatore
Che ha donato un cuore folle al poeta.
Vieni, apri la porta che io spieghi le ali
Verso il luminoso cielo della poesia.
Se mi concederai di volare
Una rosa diverrò nel giardino della poesia.
Forugh Farrokhzad,
la poetessa persiana.
traduzione dal persiano
di Assunta Daniela Zini