mercoledì 14 settembre 2011

LA FINE DI UNA GENERAZIONE

Pietro Orsatti
Oggi imbottigliato nel traffico e dentro un autobus arroventato e affollato mi sono a messo scrivere. Parole terribili, mi rendo conto ora. Una sorta di autopsia generazionale, personale, politica.
Il meccanismo di chi decide di chiamarsi fuori.
Forse anche autobiografico direttamente e indirettamente sul piano collettivo.
Forse un atto inutile...



Il corpo del reato? La vita !
Cerca il momento giusto, poi chiudi tutto.
Spranga gli scuri delle finestre, doppia mandata al portone, controlla che il gas sia chiuso.Poi ancora un giro per casa a verificare che tutto sia ben sbarrato, sigillato, impenetrabile, impermeabile, neanche un fessura.
Tutto il resto che sia ordinatamente e inesorabilmente tenuto fuori.
Tu, da solo, dentro. Mi raccomando. Controlla tutto, per bene.
Se hai dei dubbi, poi, controlla ancora.
Devi essere sicuro. Anche nell’incertezza.
Hai ben chiaro di che cosa sto parlando?

Bene. Ora che sei finalmente solo e non rischi di essere scoperto puoi disperarti comodamente. Puoi gettarti a terra, con il respiro spezzato, singhiozzando, lamentandoti ad alta voce, compatendotti. Mi raccomando, devi dare il meglio di te tirando fuori tutto il peggio di quello che hai dentro. L’egoismo, la rabbia, la depressione, l’arroganza, il vittimismo, il dolore calcolato e usato come arma.
Tutta la violenza che hai tenuto dentro per un’intera vita, il rancore, la voglia di vendetta. Tutto il peggio.
Tanto non ti vede nessuno oltre te stesso. E se anche i tuoi occhi sono troppo per reggere l’imbarazzo e la vergogna, accecati. Se anche le tue orecchie sono troppo per ascoltare i tuoi squallidi balbettii, riempi i timpani
di cotone ben pressato. Non ti guardare, non ti ascoltare.

E ora giustificati. Trova ogni possibile scusa per questo stato che ti sei scientificamente costruito da solo e dove sguazzi beato. Giustifica il tuo egoismo, le ferite che infliggi a chi ti ama, a chi ti circonda. Giustifica la tua solitudine, il tuo piangerti addosso, la tua apatia.
Tu hai tutti i diritti e nessuna responsabilità. Non pagherai prezzi se continuerai a mantenerti rigorosamente in questo stato. Anzi, se li dovessi mai pagare dei prezzi non te ne
accorgeresti affatto. Non ne saresti in grado. Poi dopo, forse,qualche conseguenza te la troveresti a gestire, ma non te ne frega nulla del dopo, di come starai, di come starà chi ti circonda. Quindi tranquillizati e continua a fare bene la tua parte.




Bravo, stai andando bene. E ora l’esercizio più difficile. La prova più dura.
Fermati, immobilizzati, congelati. Vedrai, è meraviglioso. È l’annullamento di tutto. È l’autocommiserazione assoluta, totale. Il mondo si fermerà attorno a te.
E anche se non si fermasse non importa. Non avrebbe più senso, significato, valore. Perché se da bravo seguirai le mie istruzioni alla fine sarai niente. Nessuno. Non più dolore. Non più responsabilità. Non più sogni. Non più gioia. Nessuna curiosità.
Nessun desiderio.
Nessuna passione.
Vedi cosa ti offro?
La pace.
Una non vita in uno scomparto di un frigorifero.
Asettico.
Tranquillo.
Silenzioso.
Dove potrai essere per sempre niente e nessuno.



Pubblicato da Pietro Orsatti

il 14 settembre 2011